mercoledì 15 giugno 2011

WILD WILD WEST

30giugno.bigliettodelritorno.einveceno.!
Ritorno a Darwin con un viaggio in treno di due giorni , posticipo d'un mese e mezzo il mio volo verso l'Italia, partecipo ad una lunga notte di festeggiamenti e saluti a Darwin insieme alle persone dell'ostello, e mi lancio verso sud. E' finalmente ora di affacciarsi sulla West Coast!
Martina, Paul ed io lasciamo dunque la citta' di Darwin con leggera malinconia ma con grandi aspettative all'orizzonte. Vaghiamo per qualche giorno nell'immenso e particolare Kakadu National Park, famoso perche' abitato da coccodrilli d'ogni tipo, e ne usciamo vivi,felici e contenti anche se un po' dissanguati da sciami di zanzare, che da sempre provano un amore particolare nei miei confronti. Il giorno dopo ci fermiamo a nuotare nelle gelide ma favolose Edith Falls e guardiamo il sole tramontare su Katherine Gorge dopo aver raggiunto la cima che offre la vista migliore. Lassu' ci godiamo quella magica atmosfera di cui eravamo gli unici spettatori, rilassandoci sulle note d'aneddoti della passata adolescenza e divertendoci ad urlare ed ascoltare l'eco delle nostre voci risuonare a lungo nella buia valle. Il cielo era punteggiato da milioni di pipistrelli,che dopo il calar del sole lasciano la loro comoda postazione a testa in giu' e volano in un'enorme stormo lungo la valle, specchiandosi nell'acqua al di sotto mentre si librano sempre piu' alti, fino ad arrivare a passarci di fronte.
Fattosi gia' buio iniziamo a scendere il monte con l'aiuto di torce un po' scariche, troviamo un luogo adatto per la notte, ceniamo con dei panini al salame e formaggio che ora ricordo come i piu' buoni che abbia mai mangiato, e ci immergiamo nei sacchi a pelo. Tutti e tre dormiamo in macchina, e' troppo freddo perche' uno vada in tenda.
Lasciata Katherine e' ora di imboccare la Victoria Highway, finalmente direzionati verso ovest.

mercoledì 1 giugno 2011

A big shadow, on a far horizon.

Il primo e secondo giorno, tra le infinite ore di guida, ci concediamo una pausa a Mataranka, dove ce ne stiamo pigramente a mollo nelle calde acque d'una sorgente termale circondata da palme. Trotterellando poi intorno ad essa per esplorare i dintorni scorgiamo un cartello infisso di fronte ad un laghetto che indica la presenza di coccodrilli d'acqua dolce, ma invita ad immergersi lo stesso in quanto descrive questi animali come "innocui se non disturbati"; sono quelli d'acqua salata ad essere piu' grandi e molto pericolosi. Iniziamo ad esprimere il nostro scetticismo a riguardo proprio nel momento in cui scorgiamo due occhi scintillare verso di noi: un bell'esemplare di un metro e mezzo almeno se ne stava li' a pochi metri da noi, emergendo leggermente con la testa, e immobile ci fissava...
Il terzo giorno sostiamo per dare un'occhiata ai cosiddetti "Devil's Marbles", biglie del diavolo, rocce granitiche impilate in un precario equilibrio, alcune dalla forma spaventosamente sferica. Li' restiamo a dormire, e mentre loro dormono in auto io sperimento sulla mia pelle il significato di quella cosa che studiavamo a scuola fin dalla elementari, chiamata "escursione termica", e monto la mia tenda che durante la notte viene assalita dai "dingos". Si tratta di cani selvatici che in queste aree sono molto numerosi,non aggressivi o pericolosi, ma perennemente alla ricerca di cibo. Convinta d'esserne pulita, dimentico un sacchetto d'arachidi nello zaino, e vengo svegliata alle 3di mattina da due o tre di loro che raschiano sulle pareti, respirano forte, e sembrano voler trovare l'entrata. Continuando a ripetere nella mia mente le parole d'un australiano incontrato qualche giorno prima "oh, they'll come around your tent yeah, but they won't get in, no worries!" barrico la porta d'entrata e mi siedo a gambe incrociate al centro della tenda, ascoltandoli finche' il sorgere del sole li porta altrove. Certa d'essere sola, esco timidamente e osservo impressionata le loro orme intorno a me.
Il giorno dopo passiamo attraverso la piccola cittadina di Alice Springs, l'unica, per rifornirci di acqua,cibo e benzina e ci dirigiamo finalmente verso Ayers Rock,simbolo del paese per eccellenza.
Arriviamo poco prima del tramonto e ci appostiamo, in attesa che il sole in rapida discesa lo colori di magia, e nonostante il gran numero di turisti con tanto di champagne riesco a godere dello spettacolo togliendomi dalla mente le intimazioni di tutti coloro che mi dicevano ne sarei rimasta delusa, realizzando che si tratta solo di una "grande roccia". Certamente e' triste il fatto che vi sia un'area designata per osservarlo delimitata da un recinto, e che si debba pagare una somma non troppo economica per accedere al parco, ma dimenticando le decine di persone che mi circondavano ho chiuso gli occhi ed iniziato ad immaginare. Ho immaginato di camminare sola in questo deserto piattissimo e di scorgere all'orizzonte un'ombra solitaria incredibilmente grande.Ho continuato ad avanzare per lunghi chilometri senza mai distogliere lo sguardo da quell'enorme sagoma misteriosa, per poi riuscire a raggiungerla, e trovarmi faccia a faccia con il monolite piu' grande presente sul pianeta Terra. Allora ho capito la sua magnificenza, ingrandita dall'enorme valore che "Uluru" ha per la storia della comunita' aborigena del luogo.
Percorriamo il sentiero che vi corre tutto intorno notando pitture rupestri, rientranze che in un passato lontano diedero rifugio a molte persone durante il loro cammino ed una minuscola, l'unica, pozza d'acqua perenne, risorsa di vita per aborigeni ed animali da migliaia di anni. No, "Ayers rock" non e' soltanto una grande roccia colorata.Forse bisogna solo avere un po' di fantasia mentre la si guarda, preoccupandosi un po' meno di attendere l'attimo di luce perfetta per una foto ricordo futura, sforzandosi un po' di piu' nel cercare di ricreare un passato lontano.